L’Italia si conferma al secondo posto nella classifica mondiale dei Paesi produttori di nocciole. Eppure negli ultimi dieci anni gli arrivi dall’estero sono più che raddoppiati. Stando agli ultimi dati, infatti, il Belpaese importa quasi metà del fabbisogno di nocciole.
Secondo l’Istat, nel 2022 in Italia le importazioni di nocciole (tra prodotto in guscio e sgusciato) hanno superato abbondantemente 75mila tonnellate.
Nonostante una crescita in volume del 13% sul 2021, però, la spesa resta sostanzialmente invariata (-0,6%) a 355 milioni di euro, con oltre metà della quale (il 55%) riconducibile ai rapporti commerciali con la Turchia. Il Paese, che quest’anno dovrebbe raggiungere il 70% dell’offerta complessiva globale, copre da solo la metà delle importazioni italiane, seguito a lunghissima distanza nella classifica dei fornitori da paesi come Cile, Georgia e Azerbaigian.
Questo dunque il paradosso italiano: medaglia d’argento a livello mondiale, con Piemonte, Lazio e Campania principali regioni produttrici di nocciole, ma vincolata a importazioni di prodotto straniero. E questo nonostante l’aumento significativo degli ettari dedicati alla coltura che, in Italia, negli ultimi dieci anni, sono infatti cresciuti del 25%. Si è infatti passati da 67 a 85mila ettari, con un produzione che è ora arrivata a superare abbondantemente le 100mila tonnellate (con un picco di 140mila nel 2020). Interessante anche l’andamento della produzione biologica che, cresciuta in modo molto costante, attualmente rappresenta il 17,5% del raccolto totale.
Sempre più richieste in gastronomia e nell’industria dolciaria, ma gettonate anche come snack, le nocciole vantano così un mercato in continua espansione.
Basti pensare che quest’anno, nel complesso, la produzione mondiale di nocciole dovrebbe raggiungere 1,23 milioni di tonnellate (poco più 585mila in equivalente prodotto sgusciato), in crescita del 6% rispetto alla scorsa campagna secondo le stime dell’International nut & dried fruit council (INC). Un risultato spinto dai raccolti in Turchia, stimati in crescita del 5%, che di fatto rafforzerà ulteriormente il controllo dell’offerta globale, potendo contare quest’anno anche su una produzione di partenza pari a 105mila tonnellate e destinata a salire a 120mila a fine campagna.
Per quanto riguarda l’Italia, un fattore non secondario nella produzione di nocciole è senza dubbio rappresentato dal clima.
Negli ultimi due anni, infatti, la crisi climatica ha tagliato un terzo della capacità produttiva del Paese con la siccità che ha colpito l’ultimo raccolto, stimato in circa 90mila tonnellate. Volumi che, seppur superiori a quelli della campagna precedente compromessa dalle gelate, si attestano comunque al di sotto del potenziale espresso negli ultimi anni, con una flessione del 36%. E l’allerta, specie per le varietà italiane, è ancora alta, se si considerano la fioritura precoce e il rischio di gelate tardive primaverili che, insieme alla scarsità di precipitazioni ormai strutturale, possono ancora segnare le sorti della campagna. La speranza è comunque affidata ai prezzi finali spuntati sul mercato che, nell’ultimo anno, sono aumentati in media dell’11,5%, con punte del 27,5% per la Nocciola Piemonte Igp e del 25,6% per la “Tonda Gentile”, alimentando ulteriormente l’interesse dei coltivatori.
Ilaria De Marinis
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