Migliorare la sostenibilità idrica in agricoltura rappresenta una delle sfide più urgenti dei nostri tempi. Grazie ai progressi della ricerca, però, è oggi possibile adottare tecniche innovative in grado di garantire il risparmio idrico desiderato e ottimizzare l’uso dell’acqua impiegata per l’irrigazione. Tra queste, in particolare, la pacciamatura, pratica che – applicata specialmente nel caso di colture di primo piano come il pesco – può offrire molteplici vantaggi.
Nel mondo, la coltivazione del pesco interessa una superficie di 1.700.000 ettari, con l’Italia al terzo posto a livello globale, confermando l’importanza economica di questa coltura per il nostro Paese.
Il clima che caratterizza l’area mediterranea, tipicamente semiarido, rende particolarmente favorevole la coltivazione di cultivar a maturazione tardiva. Queste varietà di pesco, però, restando più tempo sulla pianta, necessitano di una quantità maggiore di acqua. Un aspetto sempre più complesso da gestire a fronte del verificarsi di eventi climatici estremi, caratterizzati da temperatura dell’aria elevata e abbondanti precipitazioni proprio durante la stagione di crescita delle colture primaverili-estive, e delle limitazioni relative all’utilizzo delle risorse idriche come avvenuto di recente in Sicilia.
Grazie alla ricerca, però, si sono studiate e si studiano ancora tecniche innovative in grado di garantire il risparmio idrico desiderato e ottimizzare l’uso dell’acqua impiegata per l’irrigazione. Tra queste, in particolare, la pacciamatura.
Diversi studi hanno già dimostrato il vantaggio della tecnica della pacciamatura, operazione che si effettua ricoprendo il terreno di diversi materiali, in grado di ridurre la perdita d’acqua presente nel suolo per evaporazione e conservare l’umidità, in modo da aumentare l’efficienza della resa e dell’uso dell’acqua non solo del pesco, ma anche di altre colture erbacee e legnose.
Studi precedenti hanno già analizzato i vantaggi della pacciamatura, utilizzando un solo materiale pacciamante, in un pescheto in condizioni climatiche semi-aride, evidenziando un miglioramento sia dell’efficienza nell’utilizzo dell’acqua, sia della resa dei frutti, incrementata del 30% circa, senza alcuna alterazione in termini di qualità.
Altri lavori più recenti sono stati effettuati nell’Italia meridionale, in particolare presso il CREA di Rutigliano (BA), in Puglia. In questo caso, sono stati impiegati due diversi film plastici pacciamanti su un frutteto sperimentale piantumato con alberi di pesco (Prunus Persicae L.). Per valutare gli effetti sulla resa e il consumo idrico rispetto a un terreno senza pacciamatura sono state prese in esame tre stagioni consecutive (dal 2021 al 2023). Per questo esperimento sono stati progettati tre campi da 12 piante ciascuno, di cui uno senza pacciamatura e due con film di pacciamatura in plastica fotoriflettente, di cui uno bianco e uno argento. In tutte le tre stagioni prese in esame, in cui la raccolta è avvenuta nella prima decade di settembre, è stato osservato un aumento del 18% della resa dei frutti durante i trattamenti di pacciamatura, tenendo in considerazione che nel 2022 la resa è stata determinata con un metodo diverso a causa di una grandinata avvenuta in prossimità del periodo di raccolta, che ha causato una notevole perdita nella produzione di frutta. Inoltre, il confronto tra teli bianchi e argentati ha evidenziato una maggiore efficacia del film bianco in termini di traspirazione.
In conclusione, la pacciamatura nel pescheto potrebbe avere applicazioni utili nel nostro territorio in termini di miglioramenti ambientali, ma non qualitativi dei frutti, in quanto gli studi hanno dimostrato che tale tecnica consente un’adeguata e consistente conservazione di acqua nel suolo, seppur inferiore rispetto ai valori registrati dai precedenti studi.
La Redazione
© fruitjournal.com