Peronospora del pomodoro: cause e rimedi

Provocata dal fungo Phytophthora infestans, la peronospora è tra le malattie crittogamiche più pericolose per il pomodoro. Quali sono i danni che può provocare? Come prevenire un'infezione?

da Ilaria De Marinis
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Insieme all’alternaria, la peronospora del pomodoro è la malattia crittogamica più pericolosa per la coltura. Provocata dal fungo Phytophthora infestans, lo stesso che attacca anche la patata, questa malattia del pomodoro è in grado di manifestarsi con impressionante violenza. In condizioni favorevoli, il fungo è in grado di colonizzare tutti i tessuti verdi della pianta, come foglie, fusti, fiori e frutti, causando disseccamenti generalizzati e pesanti perdite di produzione e la malattia può progredire rapidamente. L’agente patogeno viene solitamente trasmesso alla pianta ospite dall’acqua di piovana o di irrigazione. Ma andiamo più nel dettaglio

Phytophthora infestans: l’agente responsabile della peronospora del pomodoro

Responsabile della malattia è il fungo oomicete Phytophthora infestans (Mont.) de Bary. Fortemente influenzato dalle condizioni ambientali, il fungo prolifera in presenza di elevata umidità atmosferica e piogge ripetute, che favoriscono una prolungata bagnatura delle piante. Questo scenario facilita lo sviluppo della malattia, con conseguenti perdite produttive significative.

P. infestans può permanere nel terreno sotto forma di oospore per anni, resistendo anche alle basse temperature invernali. Inoltre, il micelio del fungo può rimanere nei residui vegetali della coltura precedente o nelle piante spontanee sensibili, come il Solanum nigrum, rappresentando un serbatoio di inoculo per la stagione successiva. Quando le condizioni ambientali diventano favorevoli, le oospore germinano producendo sporangi contenenti zoospore, che vengono disperse da vento e pioggia e raggiungono i tessuti vegetali del pomodoro, in particolare le foglie e i fusti basali.

Le temperature ottimali per l’infezione si aggirano tra i 20 e i 23 °C con un’umidità relativa superiore al 75%, ma il patogeno può attivarsi anche in un range più ampio, da un minimo di 10 °C fino a un massimo di 30 °C. L’infezione può essere trasmessa sia per via sistemica, attraverso i fasci vascolari, sia per contatto esterno, quando gli sporangi raggiungono le foglie basali e lo stelo. Quando le zoospore raggiungono le superfici fogliari bagnate, germinano rapidamente e penetrano negli stomi, diffondendosi nei tessuti vegetali grazie alla presenza di austori, che consentono al micelio di assorbire i nutrienti della pianta ospite. Una volta stabilita l’infezione primaria, il fungo produce sporangi che fuoriescono dal tessuto fogliare, liberando nuove zoospore. Questo ciclo si ripete rapidamente in condizioni favorevoli, portando in breve tempo al disseccamento e alla morte delle piante colpite.

Peronospora pomodoro: sintomi e danni

I sintomi della peronospora sono facilmente riconoscibili. Sulle foglie si formano macchie irregolari inizialmente traslucide, che progressivamente diventano brune e necrotiche. Sui fusti e sui peduncoli fogliari compaiono tacche scure che indeboliscono i tessuti, compromettendo la struttura della pianta. I frutti, in particolare quando ancora verdi, sviluppano macchie dapprima traslucide e poi di colore verde-oliva o bruno, che si estendono rapidamente impedendo il normale sviluppo del pomodoro. In condizioni di elevata umidità, sulle superfici colpite può comparire una muffa biancastra, costituita dagli organi riproduttivi del fungo, che contribuisce alla disseminazione delle spore e al perpetuarsi dell’infezione.

Il danno economico derivante dalla peronospora del pomodoro può essere ingente. Le conseguenze, infatti, non si limitano alla perdita diretta di produzione. Dopo un breve periodo di incubazione, la malattia si manifesta con macchie necrotiche su foglie e fusti, che portano rapidamente al collasso della pianta. A essere compromessi anche i frutti, con ripercussioni sulla resa commerciale e sulla qualità del raccolto e dunque sui guadagni. In generale, se non adeguatamente controllata, la peronospora può compromettere interi raccolti, rendendo fondamentale un’attenta gestione agronomica e fitosanitaria per ridurre il rischio di epidemie e limitare le perdite produttive.

peronospora del pomodoro emilia

Sintomi di peronospora su pomodoro
Fonte: Servizio Fitosanitario Regione Emilia Romagna

Come gestire un’infezione da Phytophthora infestans

Per prevenire un’infezione da Phytophthora infestans, è fondamentale adottare una serie di buone pratiche agronomiche che agiscano sui principali fattori di rischio. Un primo passo consiste nell’eliminazione dei residui vegetali infetti e nella rotazione colturale, con intervalli di almeno tre anni tra una coltivazione di pomodoro e l’altra. In agricoltura biologica, è consigliato attendere anche sei o sette anni prima di trapiantare nuovamente la coltura, evitando di farla seguire alla patata, altro ospite del patogeno. Inoltre, è essenziale acquistare piantine di pomodoro certificate, verificando attentamente che non presentino segni visibili di infezione.

Anche le tecniche di irrigazione svolgono un ruolo determinante: è preferibile adottare un’irrigazione a manichetta, che permette di evitare la bagnatura della parte aerea delle piante, riducendo così il rischio di infezione. La concimazione deve essere calibrata con attenzione, evitando un eccesso di azoto che potrebbe favorire una vegetazione troppo rigogliosa e un conseguente ristagno di umidità all’interno del fogliame. 

Un’ulteriore strategia di difesa è rappresentata dall’uso di varietà di pomodoro geneticamente più resistenti, sebbene attualmente non esistano cultivar completamente immuni alla peronospora. In agricoltura biologica, si consiglia inoltre di ridurre la densità di trapianto per favorire una maggiore aerazione tra le piante.

Oltre alle misure agronomiche, la difesa fungicida risulta necessaria per garantire una produzione soddisfacente. L’uso di prodotti di difesa deve essere effettuato in modo preventivo, intervenendo prima che si manifestino i sintomi della malattia e quando le condizioni ambientali favoriscono l’infezione. In tal senso, i bollettini dei Servizi Fitosanitsari regionali e i Sistemi di Supporto alle Decisioni (DSS) possono fornire indicazioni precise sul livello di rischio. Per quanto riguarda le sostanze attive ammesse nei Disciplinari di Produzione Integrata, variano a seconda della regione, includendo molecole come fluazinam, fosetil-alluminio, metalaxyl-M, cimoxanil, dimetomorf, mandipropamide e altri principi attivi con diversa modalità d’azione.

Il corretto tempismo di applicazione dei trattamenti è essenziale. Dopo il trapianto, si preferiscono prodotti rameici e fungicidi citotropici, particolarmente indicati in condizioni di bassa pressione del patogeno. Quando la vegetazione diventa più densa, si adottano prodotti sistemici, in grado di proteggere efficacemente l’intera pianta, comprese le foglie e i frutti. Durante l’invaiatura e la maturazione, il fungo trova condizioni meno favorevoli per lo sviluppo, consentendo una riduzione della frequenza dei trattamenti. A ridosso della raccolta, soprattutto nei mesi estivi, la peronospora rappresenta un pericolo minore, laddove nei trapianti tardivi, con raccolta a settembre, le condizioni meteorologiche possono aumentare il rischio di infezione, rendendo necessario l’impiego di prodotti a breve tempo di carenza.

Nel contesto dell’agricoltura biologica, l’adozione di pratiche agronomiche corrette è fondamentale per limitare la presenza dell’inoculo in campo. I trattamenti si basano principalmente sull’uso di prodotti rameici e olio essenziale di arancio dolce, applicati in modo mirato per ridurre la diffusione del patogeno. Infine, per evitare lo sviluppo di popolazioni fungine resistenti, è importante ruotare i meccanismi d’azione dei prodotti utilizzati e assicurarsi che la distribuzione dei trattamenti raggiunga uniformemente tutte le foglie, comprese quelle più interne alla chioma delle piante.

 

Ilaria De Marinis
© fruitjournal.com

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