L’importanza economica del fico è stata molto maggiore nel passato rispetto alla situazione odierna. Secondo stime Fao, la media della produzione mondiale di fichi nell’ultimo decennio ammonta a circa 1.100.000 t, impegnando una superficie di 410.000 ha, in prevalenza nei Paesi del Mediterraneo.
Turchia ed Egitto sono al primo posto, distaccando nettamente tutti gli altri Paesi. La superficie coltivata a fico in Italia, concentrata prevalentemente nelle regioni meridionali, si è ridotta fortemente dagli inizi della seconda metà del secolo scorso ad oggi; la media delle superfici coltivate nel triennio 2008-2010 è stata di circa 2.600 ha, con una produzione di circa 11.520 tonnellate, che nel 2013 si è ulteriormente ridotta. La produzione campana costituisce circa la metà di quella nazionale ed è concentrata per oltre il 90% nel Cilento, in provincia di Salerno, con destinazione del prodotto sia per il mercato fresco che per la trasformazione. Le varietà coltiva-te sono i fioroni del Cilento (Colummi, Columbri, Columbari) sia nero che bianco fino a fine giugno; il Dottato, che matura da fine luglio a metà settembre, il Troiano (Triana) fino ad ottobre inoltrato, con alcune varietà minori che si inseriscono in questo periodo quali Paradiso, Signora, Minutedde Melanzana.
La produzione calabrese, prevalentemente concentrata in provincia di Cosenza, è basata sulla varietà Dottato destinata al consumo fresco ed all’essiccazione, pur in presenza di un patrimonio varietale regionale assai ricco. In Puglia la coltura interessa prevalentemente le aree della provincia di Bari, Brindisi e Lecce con prevalente destinazione per il mercato fresco dei fioroni e dei forniti. Il patrimonio genetico pugliese di fichi è probabilmente il più ricco e vario che esista in ambito nazionale. La varietà più famosa, bifera con forniti da caprificare è il Petrelli (noto anche con i nomi di San Vito, San Giovanni, Colummaro bianco che è diffusa sia lungo la costa adriatica fino al litorale brindisino, sia nell’entroterra, nei territori premurgiani del barese, con maturazione che va dai primi di giugno fino a quasi metà luglio; i forniti, verdi o con sfumature rossastre, maturano dalla fine di luglio alla metà di agosto.
Altre varietà o meglio ecotipi apprezzati di fioroni, coltivati nel nord della provincia di Bari, con produzioni tardive da fine giugno agli inizi di agosto, sono il Rosso di Trani, il Rosso comune diffuso in agro di Terlizzi e meglio noto come Domenico Tauro, il Rosso violaceo di Ruvo. Nel tarantino spicca il Fiorone nero di Sava. Si tratta di varietà bifere sebbene i frutti di maggior pregio e le attenzioni agronomiche siano rivolte prevalentemente ai fioroni.Tra i forniti, le varietà più importanti sono la bianca Dottato, diffusa in tutta la regione; il Fico Indini, bianco e diffuso nel nord della provincia di Foggia, pronto per la metà di agosto; il Fico nero di Oria nel brindisino, anch’esso con maturazione metà agosto; il Fico Regina diffuso nel sud barese, di polpa consistente e buccia nero violacea, che matura a fine agosto.
Il livello di resa in fioroni e forniti dipende da varietà, clima e pratiche colturali: in coltivazioni intensive protette (sotto rete), si possono produrre fino a 12 t/ha di fioroni e 7 t/ha di forniti da varietà bifere, e con impianti fitti (800 piante per ettaro) fino a 24 t/ha di forniti da varietà unifere (che producono solo forniti).
Sistemi d’impianto e cure colturali
Gli impianti specializzati hanno densità che oscillano dalle 250 alle 500 piante per ettaro con distanze di impianto che variano da 5×5 m a 8×6 m. La forma di allevamento adottata è quella a vaso, più o meno espanso a seconda dell’habitus varietale, con piante che non superano i 4 mt di altezza. In qualche caso viene adottata la forma a globo. Comunque si tende ad abbassare l’impalcatura per favorire l’espansione laterale della chioma e facilitare le operazioni di raccolta, che rappresentano circa il 70% dei costi colturali. Il fico è pianta con scarsa attitudine a ramificare, pertanto la potatura di produzione richiede pochi interventi per l’eliminazione dei rami sovrapposti, di quelli deperiti. Considerato che la produzione dei siconi è portata da gemme apicali o sub-apicali, la potatura di produzione consiste in un diradamento dei rami, piuttosto che nel loro raccorciamento. L’equilibrio tra vegetazione e fruttificazione è particolar-mente complesso nel fico, dove due generazioni di infruttescenze si sviluppano in competizione sullo stesso ramo dell’anno in due stagioni consecutive.
La potatura di produzione delle piante è quindi la diretta conseguenza della destinazione produttiva della pianta, se fioroni piuttosto che forniti o se entrambi. È infatti dimostrata la correlazione positiva tra numero di fioroni e lunghezza del ramo dell’annata precedente e tra numero di forniti e lunghezza del ramo dell’anno. Inoltre, la produzione di fioroni influenza negativamente la vegetazione dell’anno e la produzione di fioroni dell’anno seguente, come la produzione di fioroni influenza negativamente quella dei forniti dello stesso anno.
Queste interazioni fanno si che nelle varietà partenocarpiche come la Dottato si possano avere produzioni discrete di fioroni di qualità in alcuni anni, seguite da anni in cui i fioroni cascolano prematuramente o non maturano. Tutte queste nozioni sono di fondamentale importanza per orientare e modulare gli interventi di potatura, così come la valutazione della vigoria del terreno, se si opera in coltura irrigua, al regime nutrizionale adottato.
Importante è mantenere una forma armoniosa della pianta con un giusto equilibrio tra vegetazione e organi produttivi dell’albero. In considerazione delle caratteristiche del legno del fico, tenero e spugnoso, bisogna evitare di operare tagli di ampia superficie che possono favorire l’instaurarsi di infezioni da Phomopsis sycophila, agente del cancro del legno e della formazione di carie. Per questo motivo è importante disinfettare le superfici di taglio e/o usare mastici cicatrizzanti al fine di evitare l’insorgere di tali problemi.
La chioma delle piante deve inoltre essere gestita per favorire una buona illuminazione di tutta la vegetazione, avendo ben a mente di non esporre i frutti eccessivamente al sole per evitare danni da scottature. Altro aspetto importante è quello di mantenere un’architettura dell’albero che permetta una buona areazione della chioma per evitare il ristagno di umidità, fattore predisponente l’insediarsi di infestazioni di cocciniglie.
A livello dei frutti particolare attenzione va posta verso le infezioni da antracnosi, colletotricosi e marciumi. Circa i parametri nutrizionali della coltura, i cui fabbisogni vanno determinati in relazione all’analisi chimica del terreno, è ben tener presente come la coltura sia particolarmente esigente in calcio e potassio, elementi importanti per la qualità dei frutti e per conferire loro una sufficiente fase di post raccolta del prodotto fresco. Anche l’irrigazione va determinata con attenzione, avendo cura di sospenderla o ridurla (a seconda della tessitura del terreno) in prossimità della raccolta, al fine di favorire la serbevolezza dei frutti.
Fico della Monaca.
Patogeni e parassiti del fico
Diversi sono gli organismi nocivi che attaccano il fico e per cui in molti casi si rende necessario intervenire, sebbene siano pochissimi gli agrofarmaci registrati per la coltura e quindi ammessi per la protezione dalle avversità biotiche. Infatti, essendo il fico classificato come coltura minore, non gode dell’attenzione dell’industria agrochimica per lo sviluppo di prodotti idonei o per l’estensione in etichetta del loro utilizzo. Tra essi sono degni di essere menzionati:
INSETTI
Emitteri
- Cocciniglia biancarossa (Chrysomphalus dictyospermi): attacca in numerose colonie rami, frutti e foglie, insediandosi lungo le nervature della pagina inferiore delle foglie causandone il disseccamento e la caduta.
- Ceroplaste (Ceroplastes rusci): provoca gravi deperimenti di rametti e foglie con vistosi cali produttivi.
- Cocciniglia a barchetta (Eulecanium persicae): infesta le par-ti meno soleggiate della chioma, disponendosi in lunghe file lungo i rami.
- Cocciniglia ostreiforme (Quadraspidiotus ostraeformis) e Cocciniglia rossa (Aonidiella aurantii): attaccano i rami e il tronco.
- Cocciniglia di S. Josè (Quadraspidiotus perniciosus): infesta tutte le parti della pianta con una predilezione per frutti, rami e tronchi, che ricopre con una crosta fittissima di scudetti; le sue punture provocano macchioline rossastre sulla parte colpita, malformazioni nei frutti e un progressivo de-perimento della pianta.
- Cocciniglia a virgola rappresentata da due specie dello stesso genere, la Mytilococcus conchiformis e la M. ficifoliae, mentre la prima attacca i rametti, la seconda parassitizza le foglie.
- Psilla (Homotoma ficus): in primavera le larve attaccano le gemme, successivamente le foglie nella pagina inferiore vicino alle nervature, normalmente non provoca danni rilevanti.
Lepidotteri
- Efestia (Ephestia cautella): temibilissimo per la produzione di fichi essiccati, le larve rodono l’interno del frutto riempiendolo di escrementi, la femmina depone le uova sui fichi che cominciano a seccare sull’albero o sui frutti esposti al sole per completare l’essiccazione.
- Tignola (Simaethis nemorana): le larve neonate rodono le foglie lasciando intatte le sole nervature, la seconda genera-zione di larve può attaccare anche i frutti.
Coleotteri
- Bostrico (Sinoxylon sex-dentatum): le larve e gli adulti scavano gallerie dirette in tutti i sensi interessando l’intero spessore dei rametti che possono facilmente spezzarsi.
- Carpofilo (Carpophilus hemipterus): erode e danneggia i frutti essiccati.
- Esperofane cinerino (Hesperophanes cinereus): le larve per 2-3 anni scavano profonde gallerie nel legno, le femmine ovidepongono su rami malati o legno esposto.
- Ipoboro (Hypoborus ficus): gli insetti adulti scavano gallerie trasversali nel legno e nel cambio, mentre le larve scavano profonde gallerie perpendicolari, arrivando con azione sinergica ad interessare tutto il cilindro centrale con disseccamento e caduta della corteccia, vengono attaccati preferibilmente i rami deperiti o morti non tempestivamente eliminati con la potatura.
- Pogonocero ispido (Pogonochaerus hispidus): la larva scava gallerie tortuose sotto la corteccia e nel legno, la femmina depone le uova sulla corteccia di rami vecchi e deperiti.
Ditteri
- Mosca mediterranea (Ceratitis capitata): le larve attaccano la polpa del frutto distruggendola, successivamente il frutto marcisce e cade.
Fico Petrelli.
FUNGHI
- Antracnosi (Ascochyta caricae): provoca sulle foglie tacche bruno-rossastre arrotondate o allungate lungo le nervature e al cui centro i tessuti disseccano e compaiono i picnidi.
- Brusone fogliare (Phyllosticta sycophila): provoca sulle fo-glie attaccate delle tacche color ocra al centro, bruno-rossastre ai margini esterni; le macchie confluendo provocano lacerazioni, accartocciamento e caduta delle foglie.
- Cancro rameale (Phomopsis cinerascens): attacca in seguito ad una ferita non disinfettata, soprattutto il tronco e le branche madri impiegando 2-3 anni per formare il cancro, l’alterazione inizia con una zona depressa che lentamente si allarga fino a circondare tutto il tronco.
- Colletotricosi (Colletotrichum caricae): provoca marcescenza e la caduta dei frutti immaturi, che dapprima mostrano tacche depresse e isolate confluenti successivamente in chiazze brune al centro più chiare in periferia.
- Marciume (Botrytis cinerea): provoca la mummificazione dei frutti e il disseccamento dei rametti, si conserva da un anno all’altro svernando sui frutti mummificati rimasti sulla pianta e sui rametti morti, non tempestivamente rimossi e distrutti.
- Vaiolatura (Cercospora bolleana): provoca macchie olivacee sulle nervature delle foglie, macchie che confluiscono formando grandi chiazze brunastre con accartoccia-mento e caduta delle foglie.
- Ruggine (Uredo fici): attacca le foglie provocando sulla pagina superiore delle macchie gialle e in corrispondenza sulla pagina inferiore i sori giallo-bruni, determina la caduta prematura delle foglie e ritardo della maturazione dei frutti.
BATTERI
- Mal secco (Bacterium fici): a seguito dell’infezione batterica il tronco diventa di colore bruno, i rami anneriscono e disseccano emettendo a volte un liquido viscoso. D’estate colpisce anche le foglie che presentano in un primo momento macchie decolorate che diventano nerastre, con disseccamento e frantumazione dei tessuti.
VIRUS
Mosaico: il virus si manifesta con foglie che presentano maculature di varie dimensioni giallognole e decolorate a cui fa seguito la necrosi delle aree inter-nervali o solo delle nervature con evidenti malformazioni; i frutti colpiti presentano malformazioni e caduta precoce; il vettore principale del virus è l’eriofide Aceria ficus.
La maggior parte delle affezioni patogene del fico si evitano ponendolo in condizioni vegetative e di crescita ottimali ed evitando il verificarsi di fenomeni di stress.
Disciplinari di difesa ecosostenibili
Alcune Regioni meridionali, come ad esempio la Puglia e la Basilicata, non includono la coltura del fico all’interno dei Disciplinari di Difesa Integrata.Nella pagina accanto sono riportate le “Linee Guida nazionali di Difesa Integrata” per il fico.
Conclusioni
La coltivazione di fioroni e fichi forniti in numerosi areali meridionali può costituire un soddisfacente investimento per il frutticoltore. In molte zone contraddistinte da terreni difficili e scarse disponibilità idriche, il fico può dare soddisfazioni impensabili per altre colture frutticole. Anche in questo caso vale la regola di una coltura che va gestista ed interpretata secondo criteri moderni e diversi da quelli erroneamente adottati nella maggior parte dei casi. Analogo discorso potrebbe valere anche per le aree del sud della Puglia devastate dall’epidemia di Xylella fastidiosa; bisogna però considerare che recentemente, in Spagna ed alle Baleari, il batterio è stato segnalato infettare anche il fico con il ceppo multiplex, diverso da quello presente in Salento, pur se restano ancora da ben valutare ed accertare i danni che eventualmente potrebbe arrecare.
La rivalutazione della dieta mediterranea, di cui il fico costituisce uno dei principali componenti tra la frutta, associata ai molteplici utilizzi nella trasformazione a cui si presta e agli aspetti salutistici legati al suo consumo, in futuro sosterranno di certo l’apprezzamento e riscoperta di un frutto che, de-finire “alternativo”, rappresenta una stortura per la storia e l’evoluzione della frutticoltura mediterranea.
Autori: Agrimeca Grape and Fruit Consulting srl – Turi (BA)
Per la prima parte dell’articolo “Fichi e fioroni, tra passato e futuro”: CLICCA QUI.
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