La coltivazione del fico d’india in Italia si concentra in Sicilia dove si produce ben il 90% della produzione nazionale. La pianta di Opuntia ficus indica è economicamente importante in Sicilia e la comparsa di sintomi e anomalie non può che destare preoccupazioni sin dai primi avvistamenti.
Il fico d’india siciliano è presente da tempo anche sulle isole minori della Sicilia. Nel 1973, infatti, nella piccola isola di Linosa dell’arcipelago pelagico a sud della Sicilia, si segnalò la presenza della malattia originariamente denominata “cancro gommoso”. Successivamente i ricercatori ne hanno individuato il fungo patogeno responsabile della malattia denominandolo Neofusicoccum ribis.
Recenti studi hanno attestato la presenza del patogeno anche sul fico d’india siciliano di altre isole minori della Sicilia, ovvero quelle di Lampedusa, Favignana e Ustica.
Tra i fattori che probabilmente hanno favorito l’evoluzione e la diffusione della malattia negli ultimi 50 anni rientrano sicuramente la trascurata potatura e il sempre minor interesse per la produzione di foraggio a base di cladodi (pale di fico d’india).
In virtù di studi più approfonditi l’agente causale è stato, però, ribattezzato in Neofusicoccum batangarum, come anche la malattia è stata rinominata “cancro squamoso” con riferimento ai sintomi tipici della malattia sui cladodi. La conferma che l’agente causale fosse N. batangarum si è avuta inoculando artificialmente il patogeno su cladodi sani che hanno mostrato, post inoculazione, gli stessi sintomi delle piante naturalmente infettate.
La realizzazione di questi studi ha permesso ai ricercatori di verificare anche la polifagia del fungo.
Dai test di patogenicità e dalla comparsa dei sintomi successiva alle inoculazioni con N. batangarum, è emerso infatti che anche il pino d’Aleppo (Pinus halepensis), il mandorlo (Prunus dulcis), l’arancio dolce (Citrus sinensis), il citrange (Citrus sinensis x Poncirus trifoliata) e il leccio (Quercus ilex) sono piante ospiti del patogeno. Si ipotizza che la polifagia di N. batangarum sia correlata alla sua capacità di produrre fitotossine non ospite-specifiche. Inoltre, la produzione di queste fitotossine, diffusibili, spiegherebbe la diffusione sistemica dei sintomi sui cladodi e la presenza della malattia anche in punti lontani da quello di inoculo.
Il genere Neofusicoccum comprende diverse specie a vasta distribuzione geografica e con ampia gamma di piante ospiti.
Come le altre Botryosphaeriaceae, N. batangarum è patogeno generalista e, nonostante l’affinità con le piante ospiti, la sua patogenicità è influenzata dall’ambiente. Si tratta di funghi tipicamente endofiti che, in abbinamento a condizioni di stress, possono causare deperimento, cancri e gommosi. Si ipotizza che il patogeno scateni l’epidemia avvantaggiandosi delle ferite prodotte sui cladodi dalla grandine.
Altro fattore che sembra favorire il patogeno è il clima di queste isole e la vicinanza del mare che favorisce la sopravvivenza dell’inoculo e lo sviluppo della malattia.
I dati sulla distribuzione di N. batangarum e il fatto che le popolazioni del fungo, delle diverse isole, siano geneticamente uniformi fa dedurre che le popolazioni abbiano un’origine comune.
La presenza di un unico genotipo del patogeno è sicuramente il risultato dell’attività antropogenica. Si presume che l’introduzione del patogeno sia avvenuta con l’importazione di cladodi di Opuntia ficus indica da altre aree geografiche per propagare la pianta sulle isole. La dispersione di conidi e ascospore su brevi distanze è, invece, da attribuirsi ai fattori di vento e pioggia.
Al momento la situazione non desta grosse preoccupazioni, ma ci si augura che lo spostamento di cladodi per propagare la pianta avvenga scrupolosamente e nel rispetto dei minimi criteri fitosanitari.
Silvia Seripierri
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