Non si parla d’altro. Dopo granchi blu, pappagalli e nuove specie aliene è giunta in Italia anche lei: la formica di fuoco, conosciuta anche come formica guerriera.
Tra le specie più invasive al mondo e dopo aver già conquistato un gran numero di Paesi, la formica di fuoco è arrivata anche in Italia.
A renderlo noto, uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology e guidato dall’Istituto spagnolo di Biologia evoluzionistica, e al quale hanno collaborato anche l’Università di Parma e l’Università di Catania.
Secondo quanto riportato nello studio, il primo avvistamento ufficiale per l’Europa è avvenuto in Sicilia, nei pressi di Siracusa, dove i ricercatori avrebbero individuato in un’area di 4,7 ettari 88 nidi, ciascuno abitato da molte migliaia di formiche operaie. Tuttavia, come sottolineato dagli esperti, l’estensione reale dell’area invasa è probabilmente maggiore.
Dati che preoccupano un settore come quello primario che, tra gli altri, è quello che potrebbe subire le maggiori conseguenze di un’eventuale diffusione della specie. Questa, infatti, essendo un predatore generalista, ha un importante impatto sugli ecosistemi naturali. Basti pensare che nei luoghi in cui si insedia causa la diminuzione della diversità di invertebrati e piccoli vertebrati. Non solo: per la “costruzione” dei loro nidi, questi insetti possono provocare dei fori negli impianti di irrigazione o attaccare gli apparati radicali di giovani piante. In termini di danni alle colture, invece, possono andare a cercare i semi per poterli utilizzare per l’alimentazione e, benché si nutrono perlopiù di proteine di origine animale, in alcuni casi possono provocare anche danni su orticole.
Ma com’è giunta in Italia la formica di fuoco?
Sebbene sia originaria del Sud America, la specie Solenopsis invicta si è diffusa rapidamente, spostandosi con il vento e attraverso il commercio marittimo e il trasporto di prodotti vegetali. In meno di un secolo S. invicta è così riuscita a colonizzare Australia, Cina, Caraibi, Messico e Stati Uniti. E ora il timore è che si diffonda in maniera altrettanto rapida anche nel Belpaese e in Europa, con impatti notevoli sugli ecosistemi, agricoltura e la salute umana. Nel caso specifico dell’Italia, l’analisi del Dna ha portato i ricercatori a concludere che questa particolare popolazione proviene probabilmente dagli Stati Uniti o dalla Cina.
D’altra parte, come indicato nello studio, il 7% circa del continente europeo e il 50% delle città europee presentano condizioni adatte alla diffusione della formica di fuoco.
“Secondo i risultati del nostro modello ecologico – ha dichiarato all’ANSA Mattia Menchetti dell’Ibe, che ha guidato lo studio – le grandi città costiere sono tra i siti più adatti ad ospitare S. invicta, in Italia come nel resto d’Europa. Questo è preoccupante soprattutto perché queste città sono centri nevralgici per il commercio e molto interconnesse tra loro, e quindi potrebbero consentire alle formiche di diffondersi ancora più velocemente. Inoltre, secondo le previsioni da noi effettuate, con il cambiamento climatico le aree idonee al suo insediamento aumenteranno notevolmente“.
Intanto si lavora al fine di impedire la possibile diffusione della specie sul territorio. “È in corso la pianificazione dell’eradicazione e il monitoraggio della specie da parte della Regione Sicilia – ha fatto sapere Menchetti – e il team di ricerca ha dato la propria disponibilità nel ruolo di consulente scientifico. La partecipazione dei cittadini nella segnalazione della possibile presenza di S. invicta potrebbe essere un aiuto prezioso per coprire un’area più grande, sia attraverso i canali ufficiali che attraverso piattaforme di Citizen Science”.
Insomma, la minaccia è presente, ma lavorare d’anticipo e in collaborazione con i ricercatori potrebbe evitare le conseguenze più temute.
Ilaria De Marinis
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