Durante il periodo invernale le viti da vino si riposano per prepararsi al risveglio vegetativo in primavera. La stagione più fredda è quindi il momento ideale per praticare sulle piante i tagli di potatura volti a mantenere l’equilibrio tra fertilità e vigore della pianta. Diverse sono le tecniche di potatura delle viti da vino che è possibile adottare e tutte variano in funzione di fattori che includono l’areale su cui insiste l’impianto, il vitigno e la forma di allevamento desiderata.
Tra le tipologie di potatura maggiormente utilizzate in Italia per l’allevamento della vite da vino vi sono il guyot e il cordone speronato. A queste si aggiunge l’alberello a potatura corta che, anche se meno diffuso, è oggi ancora presente in alcune zone.
Potatura della vite da vino: le tipologie
Il guyot è una forma di allevamento a potatura mista, ideale in ambienti più siccitosi. Tipico del guyot è la presenza su un tronco di 30-100 cm di un capo a frutto con circa 6-12 gemme e di uno sperone con 1-2 gemme. Il capo a frutto viene piegato lungo il filo parallelo al terreno e i germogli uviferi che si sviluppano a partire dal capo a frutto vengono legati ai fili di sostegno dell’impianto. Tanti sono i vantaggi di questo sistema di allevamento tra cui la semplicità dell’operazione, l’apertura della chioma e la possibilità di meccanizzare le operazioni di vendemmia.
Al contrario del guyot, in cui si lascia solitamente uno sperone, l’allevamento a cordone speronato richiede una potatura corta e consiste nel lasciare su un cordone, orizzontale rispetto al terreno, speroni con 2-3 gemme. Il numero di speroni è solitamente di 5-7, pari a quello dei germogli ben lignificati che si selezionano con la potatura invernale. Questa caratteristica fa sì che la forma di allevamento a cordone speronato sia quindi maggiormente indicata per le varietà di uva da vino con gemme basali dotate di buona fertilità.
La forma di allevamento ad alberello è meno diffusa del guyot e del cordone speronato.
Si ritrova maggiormente nelle regioni del Sud Italia, ma è adottata anche in Paesi europei più freddi rispetto all’Italia. Questa tipologia di potatura consiste nel far crescere i tralci direttamente sul terreno e meglio si adatta in condizioni di clima arido e terreno povero. Tra le caratteristiche di questa forma di allevamento rientrano la grande adattabilità a terreni impervi, l’ottima qualità delle uve e, insieme, la bassa resa produttiva.
Per scegliere quale forma di allevamento e potatura adottare è fondamentale quindi conoscere la fertilità della varietà. Varietà le cui gemme basali hanno un’elevata fertilità sono infatti ben predisposte sia per una potatura più lunga che per una più corta. Quelle varietà le cui gemme basali sono poco fertili, invece, hanno necessariamente bisogno di una potatura più lunga.
Potatura della vite da vino: quali norme seguire
Considerato che il periodo ideale per effettuare la potatura è quello invernale, la buona norma prevede che i tagli siano inclinati rispetto al suolo per evitare il ristagno dell’acqua piovana e la bagnatura del legno che agevolano le infezioni di patogeni. A seconda del diametro delle ferite, delle condizioni di umidità e temperatura e della presenza in vigneto di piante malate, infatti, si può decidere se proteggere le ferite di taglio, impiegando prodotti che agevolano la cicatrizzazione.
Altra buona norma è poi quella di preservare la longevità dell’impianto senza allontanarsi troppo dal tronco evitando così di perdere “parete produttiva”.
A questi importanti aspetti si aggiunge la gestione dei residui di potatura. Tale esigenza si manifesta soprattutto quando in vigneto vi sono piante malate i cui sarmenti rappresentano fonte di inoculo per le piante sane. Per scongiurare nuove infezioni quindi è importante non solo allontanare questi residui, ma anche disinfettare gli strumenti di taglio nel passaggio da una pianta all’altra.
In definitiva, la potatura della vite da vino è una pratica complessa che il viticoltore deve effettuare tenendo conto di aspetti non solo tecnici, ma anche fisiologici e patologici. Per questo, a seconda delle caratteristiche pedo-climatiche e varietali, saranno diverse le tecniche adottabili e servirsi dell’ausilio di un tecnico di campo farà la differenza.
Silvia Seripierri
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