Stato di emergenza fino al prossimo 31 dicembre in sei province della Sicilia: lo annuncia la Regione a fronte della grave siccità che sta interessando diversi territori dell’Isola.
Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo e Trapani: queste le province coinvolte. Qui, già nelle scorse settimane, era stata razionata l’acqua potabile a causa della grave siccità.
A parte qualche precipitazione poco significativa, infatti, in Sicilia non piove da mesi e le conseguenze della mancanza d’acqua si ripercuotono in maniera evidente sul settore agricolo. “Sull’Italia negli ultimi giorni è piovuto tanto, però in questo momento abbiamo la Regione Sicilia che ha dovuto razionare l’acqua in 150 Comuni. Non oso immaginare cosa succederà questa estate” – le parole di Nicola Dell’Acqua, commissario nazionale contro la scarsità idrica, durante un’audizione alla commissione ambiente della Camera.
Contestualmente al provvedimento, come sottolineato nella nota ufficiale, la Regione siciliana ha nominato il segretario generale dell’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia, Leonardo Santoro, Commissario delegato con l’incarico di individuare e attuare tutte le misure necessarie per superare la fase più critica.
Il neo commissario Santoro dovrà portare avanti una serie di iniziative urgenti, tra cui azioni finalizzate al risparmio idrico potabile come la riduzione dei prelievi e l’elaborazione di programmi di riduzione dei consumi e altre volte all’aumento delle risorse disponibili.
È vero. Siccità come quella attuale non sono del tutto inedite: sono state certamente più gravi quelle registrate nel 1977, nel 1988-89, nel 2001-2002.
Tuttavia, la scarsità di piogge del secondo semestre 2023 non è mai stata così elevata da quando si registrano i dati. Le temperature mediamente più alte, inoltre, determinano maggiore evaporazione dagli invasi e quindi maggiori fabbisogni irrigui. Il che significa che, in assenza di piogge primaverili abbondanti, si scivolerà facilmente verso scenari simili a quelli passati. Non a caso, già dal mese di gennaio, in Sicilia è stato avviato un piano di razionamento in molti comuni, con la fornitura di acqua limitata in modo forzato da Siciliacque, società che gestisce le reti idriche dell’Isola.
A tal riguardo, secondo la più recente analisi fornita dal Servizio informativo agrometeorologico siciliano, le piogge di febbraio non hanno permesso di recuperare il pesante deficit pluviometrico accumulato nei mesi precedenti, originando in genere deflussi poco significativi verso gli invasi, con un conseguente limitato recupero delle riserve. Sebbene i dati 2023 riportino la caduta di quasi 600 millimetri di pioggia, questa si è verificata in concomitanza di due soli grandi eventi estremi, con tutta la seconda metà dell’anno segnata dall’assenza quasi totale di precipitazioni. Un andamento che, con il ritorno della siccità, ha reso vano il sistema di raccoglimento e gestione delle acque. “I due eventi estremi hanno messo sottosopra il sistema delle infrastrutture come dighe e bacini artificiali” – ha spiegato al Post Giuseppe Amato, responsabile delle politiche delle zone idriche, di fiumi, laghi e zone umide di Legambiente Sicilia.
La situazione dunque resta critica
Specialmente se si considera che, com’è noto, alle problematiche legate alla siccità, si sommano quelle relative alla scarsa manutenzione e alla programmazione. Secondo un report fatto l’anno scorso dalla regione, infatti, su 46 invasi della Sicilia 4 sono fuori esercizio e 17 hanno una portata limitata. Inoltre circa una decina di questi sono ancora in attesa del collaudo. Secondo Legambiente Sicilia la siccità ormai costante non si può affrontare con la realizzazione di grandi invasi come fatto in passato. “Servirebbero – spiega Amato – piccoli laghi da destinare soprattutto all’agricoltura e agli allevatori che hanno bisogno di una grande quantità di acqua. Andrebbero anche recuperate le zone umide e i laghi che in passato erano stati bonificati per debellare la malaria”.
Intanto la Regione ha avviato le procedure di razionamento, determinando non poche difficoltà agli agricoltori siciliani, privati di parte di quell’acqua necessaria alle operazioni colturali.
Non a caso, sulla questione è intervenuta anche Confeuro, la Confederazione degli Agricoltori Europei e del Mondo.
“Confeuro sta seguendo con molta preoccupazione quanto sta accadendo nel territorio regionale della Sicilia – ha infatti spiegato Andrea Tiso, presidente nazionale Confeuro – dove purtroppo è stato dichiarato lo stato di crisi idrica per siccità: una vera e propria emergenza, che aumenta d’intensità e desta allarme in vista della prossima estate: mancano ancora alcuni mesi al caldo torrido del periodo estivo, eppure la regione è già costretta a razionare l’acqua a circa tre milioni di persone. Un contesto di una gravità inaudita, non degno per una nazione come la nostra che si definisce moderna, e ancora un contesto non nuovo, ma che richiede interventi risolutivi, rapidi e concreti sia nel breve che nel lungo periodo, se non si vogliono rischiare danni dalla portata enorme. E guai a pensare che il resto del territorio italiano e, quindi, l’intero comparto agricolo, possa essere esente da tali rischi idrici. Anzi, in attesa che nel nostro paese si realizzino i progetti previsti dal Pnrr, per i quali auspichiamo una forte accelerazione, è necessario e improcrastinabile coinvolgere maggiormente i consorzi di bonifica al fine di rendere più diffuse le modalità di irrigazione di precisione e strumenti di difesa del suolo. Al momento l’uso di tecnologie sembra essere la strada obbligata al fine di gestire il consumo di acqua nel settore agroalimentare. Al contempo, bisogna cominciare a diffondere una nuova cultura del risparmio sull’acqua: in tal senso, serve una vera e propria rivoluzione che parta da campagne di sensibilizzazione ai bambini e alla popolazione. Siamo il paese con il consumo idrico più elevato pro capite in Europa, un dato allarmante che deve far riflettere le istituzioni”.
Lo spettro della siccità, infatti, continua ad aleggiare anche nel resto del Mezzogiorno.
Come evidenzia l’Osservatorio delle risorse idriche aggiornato dall’Anbi, l’associazione che riunisce i Consorzi di bonifica nazionali, per quanto le recenti piogge abbiano dato ristoro ai territori assetati del Sud Italia, colpiti da mesi di aridità estrema, gli scompensi idrici non possono dirsi risolti. “I dati idrologici non devono essere analizzati, soprattutto dai soggetti decisori, nel contingente, ma in una prospettiva temporale ampia – ha infatti osservato Francesco Vincenzi, presidente Anbi – perché la crisi climatica dimostra quanto repentinamente si passi dalla siccità al rischio alluvionale”.
Come evidenziato dalla mappa dell’European drought observatory (Edo), a fine febbraio si segnala un’evidente sofferenza idrica in un’estesa area identificabile nella fascia adriatica centro-meridionale (dalla Romagna alla Puglia), nella quasi totalità della Basilicata, in buona parte della Calabria, lungo la costa livornese e laziale e soprattutto nelle due isole maggiori.
“Sono immagini che dovrebbero indurre una profonda riflessione sulle politiche idriche avviate dall’Unione europea – il commento del dirigente Anbi, Massimo Gargano – perché la crisi climatica sta sconvolgendo equilibri storici, spingendo il Sud del Continente verso scenari africani con crescenti territori a forte rischio desertificazione, cui si può rispondere con manutenzione, con innovazione e nuove infrastrutture, ma anche con adeguate politiche, che ne considerino la specificità territoriale”.
Ilaria De Marinis
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