Il vulcano più alto d’Europa torna a farsi sentire, ma cenere e lava devastano agrumeti e migliaia di ettari di coltivazione della Sicilia. I produttori adesso chiedono che la zona colpita venga dichiarata “zona svantaggiata”.
Dopo alcuni giorni di silenzio, l’Etna è tornato a farsi sentire con una nuova attività parossistica: sono migliaia gli ettari di coltivazione colpiti dall’attività del vulcano e i produttori chiedono il riconoscimento di “zona svantaggiata”.
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È quanto accaduto ieri: secondo i sopralluoghi eseguiti, accompagnata da forti boati, c’è stata anche l’emissione di una nube eruttiva che, secondo stime dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) di Catania, ha raggiunto un’altezza di 9 chilometri sul livello del mare, dirigendosi verso nord-est e provocando caduta di cenere anche a Taormina.
Dall’analisi delle immagini satellitari si è osservato, inoltre, che la nube vulcanica si è diretta verso nord-est, raggiungendo la costa calabrese. A preoccupare, le migliaia di ettari di coltivazioni pesantemente colpite dall’attività del vulcano, soprattutto nei versanti est e sud est.
Secondo quanto dichiarato dal responsabile settore agrumi di Confagricoltura Catania, Renato Maugeri, il rischio è di avere prodotti non commerciabili.
“Se l’Etna continua così siamo rovinati”, ha infatti denunciato l’imprenditore agricolo. A causa dei venti provenienti da ovest, la zona in questione è quella più frequentemente colpita dalla pioggia di materiale prodotto dai parossismi del vulcano, causando danni ingenti alle coltivazioni del versante est e sud est dell’Etna.
In particolare agli agrumi che, in qualsiasi fase di sviluppo si trovino, possono essere compromessi dalla cenere, sia per l’impatto meccanico delle particelle più grandi, i lapilli, sia perché la cenere fine sui frutti si arroventa con il sole, mentre il vento fa sfregare tra di loro gli agrumi, provocando escoriazioni alla buccia. Queste lesioni, compromettendo lo strato di oli essenziali che protegge il frutto, portano al deperimento e alla rapida marcescenza dell’agrume una volta staccato dall’albero.
L’allarme riguarda centinaia di produttori siciliani e una superficie coltivata ad agrumi di circa duemila ettari, dove si rischia di perdere i pregiati limoni verdelli.
A questo bisogna poi aggiungere le criticità sul piano commerciale. Molti commercianti, infatti, spesso preferiscono non comprare i prodotti per evitare il rischio di trovarsi con partite potenzialmente danneggiate, che potrebbero marcire dopo pochi giorni.
Alla luce dei danni già subiti, e con l’assoluta impossibilità di prevedere il comportamento dell’Etna, il responsabile di Confagricoltura Catania ha quindi lanciato un appello alle istituzioni affinché la zona più colpita venga delimitata e dichiarata zona svantaggiata, in modo da risarcire anche solo parzialmente i produttori. “L’Etna è stata molto generosa con noi, tanto da donarci uno dei territori più fertili al mondo – ha detto Maugeri – ma se dovesse continuare con questa attività saremo costretti a smettere di fare l’agricoltura di qualità che abbiamo sempre fatto e che facciamo”.
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Ilaria De Marinis
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