Fruit Journal ha intervistato il dottor Donato Boscia, dirigente di ricerca della sede secondaria dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR di Bari.
Il dottor Boscia è un patologo vegetale specializzato in diagnostica sierologica. Ha fortemente contribuito allo sviluppo del principale programma di ricerca attualmente in corso in Puglia su Xylella fastidiosa, coordinando il campo e le attività di laboratorio.
Il ricercatore ci ha raccontato come il nostro territorio può rispondere alla minaccia incombente della Xylella fastidiosa. A seguito dell’epidemia di Xylella rilevata in Puglia nel 2013, la Commissione Europea ha emanato una decisione comunitaria, la 789/2015, per contenere l’ulteriore diffusione del patogeno. Tra le varie misure nelle zone interessate dal batterio è previsto il divieto di impianto delle piante classificate come ospiti del ceppo del batterio presente in una determinata zona.
“In Puglia abbiamo una popolazione particolare di Xylella, appartenente alla sottospecie Pauca, genotipo ST53. Fino ad ora sono state identificate 34 specie ospiti, sia ornamentali che di interesse agrario, la più suscettibile è sicuramente l’olivo. L’elenco comprende anche altre due specie di interesse agrario, il mandorlo ed il ciliegio, per le quali è stata dimostrata la possibilità di infettarsi”. Per tale ragione, un’altra delle limitazioni fondamentali è quella del divieto di movimentazione delle piante dalla zona infetta verso le zone cuscinetto o indenni. il Dottor Boscia aggiunge: “Una pianta di olivo prodotta in Salento all’aperto, non in condizioni protette, non può uscire dalla zona infetta, perché potenzialmente in grado di estendere l’infezione al di fuori della zona. Questo vale per tutte le 34 specie ospiti, inclusi il mandorlo ed il ciliegio. Vi sono, inoltre, altre limitazioni sul territorio tra cui, per cercare di contenere il serbatoio di inoculo di Xylella, nella zona infetta è vietato anche l’impianto di queste specie”.
Quando è diventato evidente che la zona contaminata era diventata troppo grande, l’Unione Europea ha preso atto del fatto che in Puglia non era più possibile eradicare e l’obiettivo principale è diventato quello di cercare di bloccare l’ulteriore diffusione nelle zone indenni. Per far ciò sono state demarcate tre aree principali:
- la zona definitivamente infetta;
- la zona di contenimento (l’area contenente gli ultimi focolai del fronte di avanzamento);
- la zona cuscinetto, confinante con la zona di contenimento e priva di focolai.
“La zona cuscinetto ha attualmente una larghezza di 10 km, mentre la parte più prossima alla zona definitivamente infetta, detta zona di contenimento, ha una larghezza di 20 km. Nella fascia di contenimento è vietato l’impianto di qualsiasi specie ospite, mentre nella zona definitivamente infetta (in cui, a differenza delle altre due zone, non si fa più monitoraggio) i trattamenti insetticidi non sono obbligatori e la Decisione comunitaria dà la possibilità allo Stato membro di derogare al divieto d’impianto delle specie ospiti, privilegiando comunque specie o cultivar resistenti o tolleranti. Pertanto, alla luce dei dati scientifici disponibili riguardo ai diversi livelli di suscettibilità o resistenza delle diverse specie e cultivar il servizio fitosanitario decise di avvalersi della possibilità di deroga al divieto d’impianto su due cultivar di olivo: il Leccino e la FS-17 (la favolosa)”. Conclude Boscia.
Il ricercatore evidenzia che, se si analizzano i dati disponibili, a fronte dell’elevata suscettibilità di gran parte delle cultivar di olivo o di specie come poligala, oleandro, acacia, ecc., ci sono anche specie, quali il mandorlo ed il ciliegio, che sebbene siano classificate come “ospiti” presentano una suscettibilità significativamente più ridotta, non molto diversa da quella delle cultivar di olivo classificate come “resistenti”, a livelli che potrebbero consentire la convivenza con il batterio. A supporto di queste affermazioni ci sono dati analitici, anche pubblicati, che potrebbero contribuire ad un eventuale ripensamento del divieto in vigore, in particolare per il caso del Mandorlo, sicuramente adatto alle condizionipedoclimatiche del Salento.
Nuovi impianti di Mandorlo potrebbero forse contribuire a “ri-popolare” le zone devastate dalla Xylella del nostro territorio. “Anche evidenze empiriche suggeriscono che Mandorlo e ciliegio, pur essendo specie ospiti, risultano meno suscettibili delle cultivar suscettibili di olivo. Chi oggi attraversa il Salento, – afferma l’esperto- nota che spesso gli olivi devastati contrastano con mandorli dall’aspetto apparentemente normale. Ed effettivamente sul mandorlo, a differenza dell’olivo, in questi sette anni di epidemia non sono mai state descritte evidenze di grave suscettibilità, salvo bruscature fogliari estive, associate ad infezioni di Xylella; i mandorli possono infettarsi, ma quasi sempre la concentrazione batterica resta ridotta”.
Nella zona definitivamente infetta, sufficientemente lontana dalla zona cuscinetto, più che alla quarantena si guarda alla possibilità di convivenza e, quindi, alla valutazione dell’impatto del batterio sulle piante. A questo proposito non dimentichiamo che il mandorlo è specie ospite anche della popolazione di Xylella presente in California che, nonostante ciò, mantiene la leadership mondiale per la mandorlicoltura.
Ad oggi, quindi, in tutta la zona definitivamente infetta, nonostante il divieto d’impianto di specie ospiti, gli agricoltori possono piantare Leccino e Favolosa. Nella zona cuscinetto non possono essere piantate neanche queste due varietà, in quanto, presentano dei caratteri di resistenza, ma non sono immuni. “Hanno una carica batterica più bassa e di conseguenza anche la manifestazione dei sintomi risulta minore. – spiega l’esperto – La convivenza e la buona tolleranza dell’albero al batterio non soddisfano tutti i requisiti della quarantena, per cui un Leccino non può uscire dalla zona infetta e non può essere piantato nella zona di contenimento”.
Si tratta in ogni caso di analisi ed osservazioni raccolte in un arco di tempo limitato, mancanti sia di osservazioni di lungo termine che di dati di confronto di produttività tra Leccino/Favolosa infetti e sani, dato non trascurabile per chi decide di investire nella realizzazione di un nuovo impianto, che non può accontentarsi della semplice sopravvivenza delle piante. Come pure non va dimenticato che abbiamo ancora pochissime conoscenze sui meccanismi genetici che regolano la resistenza.
“Tornando al mandorlo e al ciliegio, è importante sottolineare non va considerato solo il grado di suscettibilità al batterio, ma anche, e ancor più, le caratteristiche pedoclimatiche del Salento che, se capisco quello che mi dicono i colleghi arboricoltori, sono confacenti al mandorlo, ma probabilmente non altrettanto al ciliegio. Come pure la massa di dati raccolti, che nel caso del mandorlo è molto più solida e sostanziosa rispetto a quella raccolta per il ciliegio. Considerato, quindi, sia l’aspetto sanitario che quello agronomico e pedoclimatico, non mi scandalizzerei se il Servizio fitosanitario decidesse di rimuovere il divieto anche per l’impianto del mandorlo”.
Donato Boscia conclude: “Nel caso dell’olivo, stiamo valutando numerose cultivar, alcune centinaia, con l’obiettivo e la speranza di poterne individuare un discreto numero resistente al batterio. Non abbiamo ancora dati conclusivi, ma speriamo di poter rilasciare dati parziali entro la fine dell’anno, nonostante il rallentamento che le misure dell’emergenza Covid19 hanno portato alla nostra operatività. Per finire, nella zona definitivamente infetta, sufficientemente lontana dalla zona cuscinetto, più che alla quarantena si dovrebbe guardare alla possibilità di convivenza e, quindi, alla valutazione dell’impatto del batterio sulle piante. Impatto pesante nel caso dell’olivo per il quale un recente studio di economisti dell’Università olandese di Wageningen ha stimato in decine di miliardi il danno che l’olivicoltura comunitaria potrebbe avere nei prossimi decenni mentre, a questo proposito, non dimentichiamo che il mandorlo è specie ospite anche della popolazione di Xylella presente in California che, nonostante ciò, mantiene la leadership mondiale per la mandorlicoltura”.
“Infine, nel caso si voglia considerare l’ipotesi della deroga al divieto, va detto che non necessariamente la rimozione del divieto deve essere accompagnata dal finanziamento pubblico dei nuovi impianti, un conto è rimuovere il divieto, un altro è invece incentivare e finanziare il reimpianto. A specie diverse potrebbero applicarsi anche strategie distinte”.
AUTORI: Claudia Accoto