L’ultimo colpo di coda dell’inverno non risparmia neppure la Spagna, dove le gelate dei giorni scorsi hanno colpito diversi areali produttivi, incidendo in particolare sulle coltivazioni di drupacee.
Come l’Italia, anche il Paese iberico non esce indenne dalle gelate primaverili di marzo. A riportare i maggiori danni, le coltivazioni di albicocche, pesche e nettarine.
Un duro colpo per le produzioni spagnole, già osteggiate dalla scarsa allegagione riportata dalle albicocche. Per le pesche, invece, la situazione si prospetta diversa: le gelate, infatti, hanno colpito diversamente le aree produttive del Paese, determinando problemi negli areali più tardivi. Tuttavia, stando alle prime stime, le raccolte non dovrebbero riportare ritardi significativi.
Non lo stesso si può dire per i frutti in raccolta tra luglio e agosto. Fiorite con una settimana di anticipo, infatti, queste varietà sono state maggiormente colpite dal freddo, con danni significativi per il comparto che si traducono in una perdita del 30-40% della produzione.
Non preoccupa, invece, la campagna delle susine che, per il momento, si dovrebbe attestare sui valori consolidati.
In ogni caso, per una stima più precisa dei danni provocati dalle gelate, bisognerà attendere ancora qualche settimana. Al momento, quella 2021 per la Spagna potrebbe rivelarsi una campagna difficile, con produzioni ridotte di albicocche, pesche e nettarine.
Questo, d’altra parte, potrebbe favorire parzialmente la produzione di drupacee italiane. Nel corso degli ultimi anni, infatti, la concorrenza spagnola ha progressivamente ridotto la capacità di esportazione dei nostri produttori verso i mercati tradizionali come Germania, Svizzera, Regno Unito, Olanda.
In Europa, inoltre, fino allo scorso anno, la produzione di pesche spagnole si è confermata l’unica in grado di mantenere un andamento positivo. Al contrario di Francia e Italia che hanno registrato rispettivamente un calo del 38,2% e del 27,3%.
In generale, la sovrapproduzione europea dell’ultimo ventennio è dovuta alla crescita esponenziale della peschicoltura spagnola. Incremento che, inevitabilmente, ha alimentato la già precaria situazione della peschicoltura nostrana.
Attualmente, la ricerca di nuovi mercati è considerata l’unica alternativa possibile e positiva, sebbene in Italia l’operazione sia resa più difficile per ragioni burocratiche.
Il colpo accusato dagli areali produttivi spagnoli se da un lato potrebbe quindi incrementare le esportazioni italiane, dall’altro potrebbe aggravare ulteriormente la già precaria situazione in cui versa la peschicoltura da ormai 10 anni. Periodo in cui, accanto alla diminuzione di superfici coltivate (-31%), si è affiancato il calo delle quantità prodotte (-23%).
Analogamente, l’attuale condizione spagnola potrebbe in qualche modo favorire le vendite delle albicocche italiane.
Settore in continua crescita a livello nazionale, con oltre 230.000 tonnellate di albicocco prodotte e 200.000 ettari di superficie investiti. L’incremento registrato dal comparto, inoltre, ha permesso di compensare la crisi della peschicoltura e di far volare il Bel Paese al primo posto dei Paesi produttori di albicocco in Europa e al quinto a livello mondiale. Sul versante export, invece, l’Italia resta ferma al terzo posto preceduta da Francia e Spagna, per l’appunto.
Decisiva la produzione del Sud Italia, dove si coltiva circa il 60% del totale nazionale. In particolare, è la Campania a detenere il secondo posto per superfici coltivate. In crescita sono poi le produzioni di Basilicata, Puglia e Sicilia, dove la frutticola sta rappresentando oggi un’alternativa importante alle colture tradizionali.
Ilaria De Marinis
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